Cultura e Società

Enola Gay e il suo Little Boy

Il 6 agosto del 1945 alle 2.45 nella notte Paul Tibbets dava piena potenza ai motori del suo B-29, caricato con il suo “Little Boy”, per decollare dall’aeroporto dell’isola di Tinian. “Little Boy” era una specie di supposta metalica pesante circa 4400kg, contenente circa 65kg di uranio 235, di cui 39kg erano il proiettile e 26kg il bersaglio. Il giorno prima aveva fatto stampare sulla carlinga dell’aereo il nome di sua madre “Enola Gay”,la donna con i capelli rossi, che l’aveva sostenuto quando decise di lasciare la carriera da medico e diventare un pilota militare, al contrario di suo padre che pensava avesse perso il lume della ragione. Il volo era lungo, 6 ore, ma c’erano tante cose da fare: oltre a mantenere rotta, altitudine e velocità bisognava verificare che il connettore verde, che blocca il segnale di fuoco e che impedisce la detonazione accidentale, fosse a posto, rimuovere un coperchio posterior e una piastra rinforzata inferiore, scoprendo la culata del cannone, svitare il tappo della canna, inserire i quattro pezzi di cordite nella culata, e rimettere a posto il tappo; quindi effettuare il collegamento della linea di fuoco e reinstallare le due placche metalliche. Little Boy non è armata fino a che le cariche di cordite non sono attivate. Le procedure effettuate da William Parsons sono completate alle 3.18 e inviate sotto forma di messaggio in codice al Generale Farrell. Enola Gay continua il suo viaggio si incontra con altri aerei sopra Iwo Jima e prosegue verso il Giappone. Alle 7.30 Parsons ritorna nella stiva e scambia il connettore verde con quello rosso. “Little Boy” è pronta, ma non si sapeva ancora dove sarebbe stata sganciata. Il destino di 70.000 abitanti di Hiroshima non era ancora segnato. Bastava un temporale o un cielo nuvoloso e sarebbe stata colpita Kokura. Alle 7.30, 400 bambini della scuola elementare di Honkawa si stavano preparando per andare a scuola, ignari del fatto che sarebbe stato il loro ultimo giorno di scuola, oltre che di vita. Storditi dall’onda d’urto, cremati dalle fiamme o liquefatti dal calore generato se si trovavano all’esterno. Junko quel giorno non era andata a scuola, aveva mal di pancia. Era a casa con sua sorella e suo fratello quando l’esplosione conficcò le bacchette nelle guance di sua sorella strappandole un dente e conficcò i vetri delle finestre nella schiena di suo fratello. Il caso le aveva salvato la vita, ma non riuscì a far sopravvivere la sua anima, uccisa dalla visione di uomini e donne con la pelle a brandelli, arsi vivi o uccisi nei giorni successivi dalle radiazioni assorbite. A Paul, William e agli altri componenti dell’equipaggio di Enola Gay, avevano detto che Little Boy aveva la potenza di 16000 tonnellate di TNT, più o meno tutte le bombe sganciate fino ad allora nella seconda guerra mondiale, ma non ci credevano. Non avevano neanche il tempo di pensare a ciò che stavano facendo, durante il viaggio. Erano troppo impegnati e d’altra parte loro erano stati educati ad obbedire senza pensare. Al rientro sarebbero stati trattati da eroi.

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